La vita quotidiana continua a modellarsi all’interno del contesto digitale. Gli strumenti attraverso i quali percepiamo il mondo che ci circonda creano un nuovo rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Nella nostra proposta, vogliamo sollevare la questione del rapporto tra artificiale e umano e dell’autenticità del linguaggio fotografico nell’era dei media digitali. Questo lavoro è un progetto di ricerca critica di un collettivo di fotografi riuniti nello stesso campo di esplorazione e con approcci visivi molto simili. Creare una simbiosi tra le nostre immagini e i nostri stili ci permette di ripensare l’idea di stile personale e di unicità al giorno d’oggi. Il lavoro esamina l’emergere di vari artefatti e strutture nell’ambiente urbano nel contesto delle tecnologie AI. Queste costruzioni sono combinazioni di prodotti industriali e residui organici di attività vitali. Tutto ciò che viene gettato nell’ambiente urbano viene elaborato da esso e sintetizzato sotto forma di ibridi di pubblico e privato, organico e inorganico, intimo e politico. Ogni volta vengono riassemblati da materiali diversi in combinazioni diverse. La generazione di questi ibridi in una città moderna funziona così: una nuova struttura viene creata a partire dalle molte forme immagazzinate nella sua “memoria”. Non ha analoghi nel passato, ma allo stesso tempo è costituita interamente da elementi già esistenti. La novità è la loro combinazione: l’ibrido in sé, ma non le forme “geneticamente” diverse da cui è stato creato. La generazione di immagini e testi funziona allo stesso modo. Le costruzioni risultanti cambiano nel tempo, crescono o si degradano, ma queste “mutazioni” sono prevedibili e sembrano essere attribuite inizialmente al “codice” dell’ambiente stesso. In questa presentazione presentiamo una parte del nostro progetto – immagini generate dall’intelligenza artificiale come risultato del mix di due foto di ciascuno di noi, e le foto “genitore” stesse.
Gennaio 03, 2020