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Assunta D’urzo

Harena

gli animali, muti come i morti vivi come i

                                                                ricordi”             

                                       (Martina Germani Riccardi)

 

Nel posto dove sono nata usiamo l’espressione “‘A terr’ a’ ‘rena” per dire “dall’inizio”.

La rena è la spiaggia. La sabbia distesa.

La spiaggia rappresenta il punto iniziale o semplicemente più basso della terraferma subito dopo il mare. È il punto di vista originario che ho recuperato per guardare.

Osservavo le pietre: dure eppure tonde, la loro plasticità che è stata di fuoco.

L’immobilità di un masso ritrovato nella foresta diventava minacciosa, nel mutismo che ne ricordava l’esplosione.

 

Quando ho iniziato il progetto nel 2019 seguivo l’idea di sabbia come catarsi della polvere, esprimevo nelle fotografie la mia necessità di estinguermi e rimettermi “a misura”. Nel 2020, in seguito  alla epidemia da Covid-19, è diventata visibile a tutti la necessità di salvaguardare l’ambiente. Durante la breve estate di sosta dalla pandemia ho ripreso la strada della montagna;  i primi insiemi di viventi in movimento che hanno attirato la mia attenzione sono stati greggi di pecore e piccoli allevamenti in fattorie. Osservando per molto tempo gli animali nei loro recinti o nella loro marcia ordinata, ho percepito la magia del loro addomesticamento. Ho  la sensazione che questo possa rappresentare la possibilità di parlare e connettersi con il selvatico e l’implacabile, e di potervisi in un certo senso ricongiungere. Trovare un varco per l’antica origine, ormai al di là dal tempo, che gli occhi degli animali ricordano.

La polvere sollevata dalle mandrie e la bianchezza che non teme di essere confusa ora mi accompagnano nella ricerca.

Harena è la favola della creazione minacciosa. Dell’indistinto che è stato separato brutalmente e che si è disperso, e dei sentieri miti in cui ogni pietra e animale riportano a casa.

 



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5th edition