About This Project

Emily Wiethorn

 

La morte di me e di te: spero che la mia pelle si sia depositata sul tuo tappeto. I miei capelli si siano intrecciati alle tue lenzuola. La mia saliva si sia impregnata nei tuoi vestiti. Perché questo significherebbe che alcune parti di me sono ancora lì. In attesa di te. Adattandomi al tuo mondo. Spero di essere la polvere sul tuo comò. L’aria che respiri. Il mio corpo dorme nel tuo giardino; la mia pelle è la terra sotto i tuoi piedi. Come si fa a raccontare una storia senza inizio, metà o fine? Nel gennaio del 2019 sono stata drogata, rapita e violentata per quasi 6 ore. In 360 minuti sono cambiata. Ci sono voluti 360 minuti per fuggire. Quei minuti esistono come buchi neri nella mia mente. La memoria è una sfida quando ti viene portata via. The Death of You and Me è un esame continuo della memoria, della sofferenza e degli effetti del trauma che alterano la vita. Questo lavoro funziona come uno spazio in cui la rabbia è sicura da sentire. Quando ci accadono traumi impossibili, ci viene insegnato ad accettarli, ad andare avanti e a imparare da essi. Molti sopravvissuti sono arrabbiati e risentiti e questa emozione non è sempre tollerata, accettata o compresa dai nostri coetanei e familiari. Quando subiamo un trauma grave, i nostri ricordi vengono archiviati in modo diverso. Quando si verifica un ricordo normale, questo viene immagazzinato nell’ippocampo, che ci permette di rievocare i ricordi e di raccontare una storia in seguito. I ricordi del trauma non attivano l’ippocampo, il che significa che il trauma non viene immagazzinato come storia da raccontare. Senza la capacità di usare le parole, non possiamo accedere correttamente alla nostra memoria. Piccoli frammenti del trauma rimangono senza nome e si perdono di vista. Persi, questi ricordi senza parole diventano parte dell’inconscio. Come si fa a raccontare una storia senza inizio, metà o fine? Il trauma arriva a ondate. Ero abituata a pensare che fosse tutto in una volta, come un salto nell’oceano. Ma invece di schiantarsi su di me, mi lambisce le caviglie. Un richiamo costante e delicato. In che modo il trauma e la prigionia cambiano la nostra comprensione di noi stessi? In che modo il trauma che subiamo cambia coloro che ci sono vicini? Questo lavoro è un luogo in cui porre domande a me stessa, al mio aggressore e a una società che perpetua la violenza. I ricordi che mi sono rimasti di quella notte mi perseguitano e mi sfidano. In quei 360 minuti ha cambiato il corso delle nostre vite. Siamo intrecciati, legati per sempre. Come si fa a raccontare una storia senza inizio, metà o fine? Le immagini di questa serie mettono in discussione il tempo, la durata e la fiducia in noi stessi. Possiamo fidarci di chi ci circonda? Possiamo fidarci dei nostri stessi ricordi? Utilizzando motivi d’immagine ripetitivi, metto in discussione le mie stesse rievocazioni traumatiche. La nostra mente riproduce questi flash di tempo più e più volte per cercare di “farli bene”. In che modo il nostro subconscio influenza le immagini che realizziamo? E quanta influenza ci vuole per cambiare un ricordo?

 

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8th edition