In generale, utilizzando i miei linguaggi plastici, come la scultura morbida e la fotografia, il mio lavoro si basa sull’esplorazione di come le nostre esistenze si rivelino attraverso uno stato di “assenza”. Quando le cose vengono gettate via perché non possono più essere utilizzate, o non sono più desiderabili come prodotto, quello è il momento in cui effettivamente “esistono”. Perciò mi concentro sulle situazioni di abbandono, di rinuncia, di perdita, di abbandono, e inoltre sulle emozioni che derivano da queste condizioni. Posso quindi dire che traduco le emozioni che derivano dalla sofferenza di queste tragedie attraverso il mio punto di vista. Di recente mi sono posta delle domande sulle storie tragiche della mitologia greca, sul perché ci siano così tante vittime giustificate e sul perché molti artisti, nel corso dei secoli, abbiano rappresentato scene come stupri, punizioni, violenze, sacrifici… ecc. Perché noi pensiamo che i capolavori che descrivono quelle scene di violenza siano belli? Il mio lavoro di fotocollage è iniziato di recente in termini di “trasparenza”. Uso le foto che ho scattato alle sculture greche che soffrono, e uso un’altra immagine della mia sofferenza che stampo su un tessuto di tulle. Una sorta di effetto illusione, la piccola distanza tra due strati crea una possibilità unica di immaginazione per gli spettatori.
Gennaio 03, 2020